giovedì 30 marzo 2017

Una visione estemporanea sul mondo della tecnologia, che ho condiviso oggi (marzo 2017) sui social network:
In questo periodo mi sono tornate sensazioni visionarie che in passato raramente si sono rivelate errate: siamo giunti in prossimità del capolinea per i telefoni come li conosciamo, e direi "finalmente".
Diciamoci la verità: non desideriamo che, in cambio di qualche vantaggio, la tecnologia sia un intralcio al vivere quotidiano; siamo sovraccarichi di messaggi e informazioni, drogati e stanchi di reti sociali; le nostre tasche faticano a contenere oggetti sempre più ingombranti da tirarsi dietro...
Per contro i sistemi di controllo vocale uniti all'intelligenza artificiale sono già perfettamente usabili e produttivi.

Insomma, l'era dello schiavismo al cospetto di un padellone che impegna le mani, la vista e assorbe l'attenzione, tanto da ostacolare le relazioni o farci sbattere contro le cose quando camminiamo, sta per giungere al termine; sarà invece l'era dei "wearable", cioè orologi, occhiali e molto altro di indossabile, dispositivi che non cambiano il modo di stare nel mondo, occupano meno i sensi, consentono di interagire in modo naturale con la voce e non con le dita, "aumentano" la realtà e non ne creano una parallela, semplificano e filtrano il flusso smisurato e ingestibile di informazioni.

Tempi di massima per iniziare a sperimentare questa prospettiva? Credo 5 anni.
Ma la tecnologia già esiste ed è già fattibile, con qualche sforzo da "early adopter".


I libri? Torneranno di carta.
Nel 2010 SONY lanciava in Italia gli ebook reader, e io ne ero un portavoce:



Oggi sono dall'altra parte del campo, cioè sono un autore.
Nonostante le belle promesse della tecnologia, già avevo dubbi nel 2010, ma oggi sono convinto che la carta non potrà essere surclassata dal digitale per innumerevoli motivi, in primis il fatto che la lettura di un formato digitale necessita sempre di un interprete intermedio che traduca il linguaggio macchina in linguaggio umano. E i linguaggi macchina, con i loro interpreti, sono tra le cose più mutevoli ed evanescenti che ci siano.

È del febbraio 2015 la notizia dell'avvertimento lanciato dal vice presidente di Google, Vinton Cerf, che dice: “Pensando a 1000, 3000 anni nel futuro, dobbiamo domandarci: come preserviamo tutti i bit di cui avremo bisogno per interpretare correttamente gli oggetti che abbiamo creato? Senza neanche rendercene conto, stiamo gettando tutti i nostri dati in quello che rischia di diventare un buco nero dell’informazione”, ragiona il numero due di Google. “Nei secoli a venire chi si farà delle domande su di noi incontrerà delle enormi difficoltà, dal momento in cui la maggior parte di ciò che ci lasceremo dietro potrebbe essere solo bit non interpretabili”.


foto sotto licenza CC di Bondesgaarde

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